La storia
L’Archivio fotografico della Società Geografica Italiana (SGI) rappresenta uno dei giacimenti culturali di maggior pregio nello scenario nazionale. La sua storia è strettamente connessa con quella dell’istituzione da cui esso dipende[1]. Le ricerche compiute fino ad ora consentono di escludere che al momento della nascita della SGI, ufficializzata a Firenze il 12 maggio 1867, qualcuno dei soci avesse in animo di costituire anche un archivio fotografico[2]; fin dai primi mesi di esistenza del Sodalizio, i suoi vertici considerarono indispensabile porsi l’obiettivo di diventare un centro di documentazione il più ricco possibile, ma è lecito supporre che il pensiero fosse rivolto essenzialmente alla documentazione bibliografica e cartografica.
Alle fotografie si cominciò a pensare in un momento successivo, quando la loro presenza s’impose all’interno della sede sociale attraverso i canali più disparati, in particolare come lascito materiale delle numerose missioni esplorative organizzate dalla SGI, molto spesso in accordo con l’apparato governativo. Il trasferimento della sede da Firenze a Roma (1872)[3] e la sistemazione preso Palazzetto Mattei in Villa Celimontana (1924) favorirono la strutturazione di una rete di rapporti molto fruttuosi; la collaborazione con la classe dirigente politica si mantenne particolarmente intensa soprattutto nel periodo in cui l’Italia tentò a più riprese di essere fra i protagonisti dell’espansionismo di stampo coloniale, al pari, almeno nelle intenzioni, delle altre potenze europee. In questa fase, oltre ai documenti relativi alle fasi preparatorie e di svolgimento delle missioni (un numero via via crescente di lettere di autorizzazione; richieste di patrocinio; diari, resoconti ufficiali, carte geografiche, primo nucleo dell’Archivio storico e, in parte, di quello amministrativo), cominciarono ad accumularsi anche le prime testimonianze fotografiche dei viaggi. Esse si moltiplicarono in breve tempo, per effetto dell’aumento delle spedizioni, sollecitate non soltanto dall’alto, ossia dal governo, ma anche dal basso, vale a dire dai tanti aspiranti viaggiatori che per diletto o vocazione (studiosi, missionari, militari, appassionati viaggiatori o semplici avventurieri) si rivolgevano alla SGI con l’obiettivo di poter essere sostenuti (soprattutto economicamente) nei loro progetti[4].
Coerentemente con le scelte adottate in tema di destinazioni delle spedizioni, sono i territori africani (soprattutto Africa settentrionale e orientale) a essere più rappresentati nel nucleo di queste prime collezioni fotografiche, ma non mancano i riferimenti ad altri ambiti territoriali (Asia, Estremo Oriente).
Anche il maggior credito acquisito dal sodalizio fu uno dei fattori che incise sull’aumento dei flussi in entrata del patrimonio materiale della SGI: ci si riferisce all’accresciuta incisività dell’attività di scambio portata avanti con le altre istituzioni geografiche e non solo, così da incrementare l’acquisizione di documentazione, in verità soprattutto bibliografica. Più importante per le fotografie è stato invece il crescente numero di donazioni, fatte come segno di riconoscimento del prestigio della SGI: un numero significativo di collezioni è arrivato proprio grazie a questo canale... Leggi tutto
[1] Essenziali riferimenti bibliografici riguardo la storia e la struttura dell’A.f. sono i due volumi realizzati da colei che fino all’estate del 2008 ne è stata la responsabile: M. Mancini (a cura di), Obiettivo sul mondo. Viaggi ed esplorazioni nelle immagini dell’Archivio fotografico della Società Geografica Italiana (1866-1956), SGI, 1996; M. Mancini, L’Archivio Fotografico della Società Geografica Italiana. Un secolo di immagini tra Ottocento e Novecento, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 2002.
[2] Furono 163 i soci che sottoscrissero davanti al notaio l’atto di nascita ufficiale del Sodalizio. Molti sono i titoli che compendiano la storia della SGI; tra i più significativi possiamo citare: G. Dalla Vedova, La Società geografica italiana e l’opera sua nel secolo XIX, Roma, SGI, 1904; E. De Agostini, La Reale Società geografica Italiana e la sua opera dalla fondazione ad oggi (1867-1936), Roma, SGI, 1937; M. Carazzi, La Società geografica italiana e l’esplorazione in Africa (1867-1900), Firenze, La Nuova Italia, 1972; C. Cerreti, Della Società geografica italiana e della sua vicenda storica, Roma, SGI, 2000; D. Natili, Un programma coloniale. La Società Geografica Italiana e le origini dell’espansione in Etiopia (1867-1884), Roma, Gangemi, 2008.
[3] Il trasferimento a Roma era la conseguenza di quanto stabilito dall’articolo 1 dello Statuto, in base al quale la sede del Sodalizio doveva trovarsi nella capitale politica dello Stato.
[4] Molto accurata e ricca di spunti la ricerca condotta a questo proposito negli archivi della SGI da Claudio Cerreti. Vedi C. Cerreti, Non-viaggiatori italiani in Africa. Spunti per un’antropologia degli aspiranti alla “missione civilizzatrice”, in G. Galliano (a cura di), Rappresentazioni e pratiche dello spazio in una prospettiva storico-geografica, Atti del Convegno (San Faustino-Massa Martana, 27-30 Settembre 1995), Genova, Brigati, 1997, pp. 375-381.